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Don Marc e don Crépin ora sono preti della Diocesi di Casale

Il Vescovo ai fedeli in Cattedrale: pregate per nuove vocazioni. L'omelia di mons. Sacchi

Redazione Web di Redazione Web
9 Giugno 2025
in Appuntamenti, Casale, Cittadina, Cronaca, Cronaca Monferrina, Prima Pagina, Religione, Vita della Chiesa
Don Marc e don Crépin ora sono preti della Diocesi di Casale

Don Crépin (a sinistra) e don Marc con il vescovo mons. Gianni Sacchi

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CASALE – C’erano anche ritmi africani, grazie a un trio di percussionisti e alle danze delle suore di quel Continente dell’istituto Mazzone, all’ordinazione presbiterale di don Crépin e don Marc, 30 e 26 anni, originari del Togo. La solenne celebrazione presieduta dal vescovo mons. Gianni Sacchi si è svolta  in Cattedrale sabato 7 giugno, vigilia della solennità della Pentecoste. A imporre le mani sul capo dei due sacerdoti, entrambi originari del Togo, anche una quarantina di sacerdoti della Diocesi di Casale e del Seminario di Novara, dove i due giovani hanno completato la loro formazione.

Una cerimonia durata oltre due ore, durante la quale mons. Sacchi ha sottolineato la figura del sacerdote e ha messo in luce le sue caratteristiche e durante la quale ha chiesto a tutti di pregare per nuove vocazioni. Erano infatti otto anni che in Diocesi non veniva consacrato un prete. “Il Signore non smette di chiamare – ha detto ai fedeli in Cattedrale – aiutate i giovani a udire la sua voce”.

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A festeggiare i due novelli sacerdoti le rappresentanze delle comunità parrocchiali, con i sindaci Fabrizio Bremide e Diego Musumeci, in cui hanno svolto il loro servizio di diaconi: Villanova Monferrato per don Crépin e Moncalvo per don Marc.

Grazie a Monferrato Web tv la cerimonia è stata seguita anche in Africa dai familiari e amici dei due giovani.

https://www.vitacasalese.it/wp-content/uploads/2025/06/video-Don-Marc-e-don-Crépin2.mp4

L’omelia del Vescovo:

In questa vigilia di Pentecoste viviamo un giorno di festa per la nostra Chiesa, che riceve due nuovi sacerdoti Marc e Crépin, e un giorno di conferma per voi, cari figli, che oggi sarete configurati a Cristo Capo, Pastore e Servo del popolo di Dio.

Avete lasciato il vostro Paese, le vostre famiglie per venire a servire le nostre comunità. Con l’ordinazione diaconale siete stati incardinati nella nostra (vostra) Diocesi. Donate quindi la vostra vita per la nostra Chiesa e di questo vi ringrazio e ringrazio il Signore e le vostre famiglie per la vostra vocazione e disponibilità.

Le letture che abbiamo ascoltato e i segni del rito di ordinazione ci danno alcune suggestioni che illuminano profondamente il mistero e la missione del presbitero.

“Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge”. Nel discorso di addio di Paolo agli anziani di Efeso (Atti 20), risuona la consapevolezza di un servizio vissuto con lacrime, prove e fedeltà. Il presbitero non è padrone del gregge, ma servo per il bene del gregge. E chiamato a “vegliare” prima su sé stesso – cioè, a coltivare una vita interiore radicata nel Vangelo e nella fedeltà alla preghiera – e poi sul popolo che gli è affidato.

San Giovanni Crisostomo diceva: “Il pastore ha bisogno di occhi più limpidi della luce per non chiamare bene ciò che è male” (Sull’Episcopato, III). E papa Francesco ci ha ricordato con quella famosa frase che il pastore deve avere “l’odore delle pecore” ma anche “l’odore di Dio”, perché è tra la gente ma viene da Dio.

Marc e Crépin, siate pastori secondo il cuore di Dio, non funzionari del sacro.

Non cercate di piacere al mondo, ma siate liberi nella verità. La vocazione al ministero nasce dallo Spirito per l’edificazione del Corpo di Cristo.

San Paolo ci ricorda che ciascuno ha ricevuto una grazia particolare “secondo la misura del dono di Cristo”. Questo significa che il ministero non è frutto di conquista, ma dono immeritato. 

Come recita la Preghiera di Ordinazione: “Rinnova in loro l’effusione del tuo Spirito di santità; adempi fedelmente, Signore, il tuo disegno d’amore”.

Il sacerdote non è un uomo solo, ma inserito in una comunione ministeriale. Come insegna il Concilio Vaticano II (Presbyterorum Ordinis, 8): “I presbiteri non sono ordinati solo per una parte determinata della Diocesi, ma per la missione universale della Chiesa”.

Vi invito, Marc e Crépin, a vivere una fraternità presbiterale vera, non fatta di cordialità di facciata, ma di solidarietà e corresponsabilità che si dilata anche nella continua formazione teologica, biblica e spirituale. L’unità tra i presbiteri è testimonianza della verità del Vangelo.

Il Vangelo ci ha detto: “Voi siete il sale della terra, la luce del mondo” Gesù parla in immagini concrete e potenti: sale e luce. Il prete è sale che dà sapore, cioè senso e gusto evangelico alla vita degli uomini. Ma il sale che perde sapore non serve a nulla. Il prete è luce, ma non luce propria: come la luna riflette la luce del sole, così il prete riflette la luce di Cristo.

Cari ordinandi, lasciate che la vostra vita sia trasparenza della luce di Cristo. La gente ha bisogno di vedere che è possibile vivere secondo il Vangelo.

Papa Benedetto XVI scriveva: “Il mondo ha bisogno di Dio, non di un dio qualsiasi, ma del Dio di Gesù Cristo, del Dio che si è fatto carne e sangue, che ci ha amati fino alla morte” (Omelia per l’inizio del Pontificato, 2005).

Oltre alla Parola ascoltata importanti sono anche gesti dell’ordinazione: segni del Mistero. Dopo la prostrazione durante il canto delle litanie dei Santi, vi inginocchierete e riceverete l’imposizione delle mani del vescovo e poi dei presbiteri presenti. È il gesto apostolico per eccellenza. Non è solo una benedizione: è una trasmissione sacramentale dello Spirito. Un gesto semplice, antichissimo, evangelico. Non viene detto nulla: solo silenzio e mani posate sul capo. È il segno che è Dio a compiere l’opera, che lo Spirito scende e plasma un cuore nuovo.

Come scriveva Benedetto XVI: “Nell’imposizione delle mani da parte del vescovo è il Signore stesso che impone le sue mani” (Omelia, 29 giugno 2009).

Riceverete l’unzione delle mani con il sacro Crisma. Le vostre mani saranno consacrate per benedire, per consacrare il pane e il vino, per accogliere i penitenti, per accarezzare e servire. Dice sant’Ambrogio: “Guarda, sacerdote, le tue mani. Con esse consacri, perdoni, battezzi: non sono più tue, ma di Cristo.

Riceverete la patena e il calice: “Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico”.  E’ il gesto che dice tutto: siete ordinati per l’Eucaristia. Non per un’attività, non per un ruolo, ma per celebrare il mistero pasquale di Cristo. Fatelo sempre preparati, con dignità, bellezza, nobile semplicità. In ogni Messa, con umiltà e tremore, direte: “Questo è Il mio corpo… questo è il mio sangue”. Ma sarà Cristo, non voi. Il presbitero è uomo che si fa trasparenza del Mistero.

Oggi, più che mai, essere preti significa stare nella complessità senza perdere l’essenziale. Il contesto attuale è secolarizzato, frammentato, a volte indifferente o ostile alla fede. Ma proprio per questo servono presbiteri non clericali, ma testimoni; non amministratori del sacro, ma servitori del Regno; non conservatori di strutture, ma seminatori di speranza. Vi auguro di essere “presbiteri in uscita”, come diceva papa Francesco, capaci di “abitare le periferie”, di ascoltare, di accompagnare, di avere pazienza con la gente e con voi stessi.

E non temete i momenti difficili e di scoraggiamento, che non mancheranno, perché la vita è così per tutti: allora fate sempre memoria delle parole della preghiera che conclude il canto delle litanie: “Ascolta, o Padre, la nostra preghiera: effondi la benedizione dello Spirito Santo e la potenza della grazia sacerdotale su questi tuoi figli; noi li presentiamo a te, Dio di misericordia, perché ricevano l’inesauribile ricchezza del tuo dono”.  Un dono che è troppo grande per essere posseduto, ma proprio per questo è inesauribile. E’ promessa di fedeltà di Dio e memoria permanente che ogni ministero è fondato nella grazia, non nell’efficienza. Un dono che alimenta la missione del sacerdote lungo tutta la sua vita, anche quando egli si sente debole, stanco o inadeguato. E non dimenticate mai che siete stati scelti non perché perfetti, ma perché amati.

E a voi, carissimi fratelli e sorelle, affido un compito grande e semplice: pregate per i vostri sacerdoti. Pregate perché siano santi, umili, pazienti, fedeli. Pregate perché non si smarriscano mai nelle fatiche del cammino, e perché sappiano sempre tornare alla sorgente del dono ricevuto. Sosteneteli con l’affetto, con la stima, con la vostra vicinanza.

E pregate con insistenza per il dono di nuove vocazioni: la Chiesa ha bisogno di presbiteri che diano la vita con gioia, che siano segni della misericordia di Dio, che parlino con il cuore di Cristo. Pregate nelle famiglie, nelle comunità, nei gruppi, nei momenti di adorazione. Il Signore non smette di chiamare: aiutate i giovani a riconoscere la sua voce.

Affidiamoci a Maria “Madre della Chiesa” come la celebreremo il lunedì di Pentecoste. Accogliamola anche noi, come il discepolo Giovanni presso la croce, nella casa interiore del nostro ministero sacerdotale.

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Tags: casaleCrépinDiocesiMarcpreti
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