CASALE – Mercoledì sera, nella chiesa di Sant’Antonio, si è svolto l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Crescere con la Parola”, promosso dalla Diocesi di Casale nel contesto di Cantiere Speranza. Ospite della serata il prof. Don Riccardo Battocchio, presidente dei Teologi Italiani, collaboratore permanente del Sinodo dei Vescovi, direttore del collegio Capranica e neo eletto vescovo di Vittorio Veneto (riceverà l’ordinazione episcopale il 25 maggio). La conferenza aveva come tema “Gesù la nostra speranza”.
Il primo a prendere la parola è stato monsignor Luciano Pacomio, vescovo emerito di Mondovì, che ha presentato il relatore e introdotto l’argomento, evidenziando la diffusa mancanza di speranza nella società odierna.
«Il mondo in cui viviamo – ha spiegato mons. Pacomio – è pieno di disperati. Un contesto di sconforto personale di chi non trova senso nella vita. Disperazioni a livello famigliare per incomprensioni interpersonali o per condizioni di malattie irrimediabili e sgomento a livello nazionale ed internazionale per i vari fronti di guerra. Per questo, nel mondo di oggi, è quanto mai necessario parlare di speranza, diventare comunicatori di speranza e cooperatori per la gioia. La speranza è un dono di Gesù, che per opera dello Spirito Santo da a noi la grazia di sé e ci abilita ad avere questo rapporto con lui. Con lui è possibile avviare un cammino alternativo ad ogni forma di disperazione umana».
Proprio dalla comprensione del profondo legame del credente con il Cristo è necessario partire per capire il perché si possa dire che Gesù è la nostra speranza. Per spiegarlo Mons. Battocchio ha fatto un piccolo preambolo sul Concilio di Nicea del 325, per evidenziare l’importanza che ebbe per la fede cristiana la scelta delle parole usate nella codificazione del Credo.
Obiettivo principale della disputa teologica di allora, fu il comprendere e definire il rapporto tra Dio e Gesù. Si elaborò una formula di fede nella quale venne inserito un aggettivo assente negli scritti del Nuovo Testamento, ma diffuso in contesti filosofici, in latino il termine fu “consubstantialis” tradotto in italiano in “della stessa sostanza”. Si trattò di una svolta fondamentale, come ha spiegato mons. Batocchio : «quella parola, da allora, regola il modo in cui i cristiani ritengono di poter esprimere nei termini meno inadeguati la verità circa il rapporto che sussiste tra Gesù e Dio stesso».
Una svolta che permise al credente di cogliere realmente chi era Gesù e di conseguenza i motivi per i quali riporre in lui la sua speranza. «Gesù è la nostra speranza perché in lui Dio stesso si è reso vicino e accessibile agli uomini, una speranza affidabile perché egli è tutto dalla parte di Dio e tutto dalla parte dell’umanità. In Gesù la Trinità santa del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo viene a noi e noi abbiamo accesso alla Trinità. È questo movimento, questo intreccio di relazioni, a donare futuro. Un futuro che pur tra limiti, fatiche e chiusure di vario genere possiamo sperimentare già ora nella carità, nella preghiera e nella celebrazione liturgica».
A margine della serata è stata annunciata la presentazione dell’autobiografia di papa Francesco intitolata “Spera”, edita da Mondadori. L’incontro avverrà il 29 maggio, alle ore 21, in Sant’Antonio alla presenza del curatore del volume Carlo Musso, di mons. Alceste Catella, mons. Luciano Pacomio e di mons. Gianni Sacchi.
Elisa Massa