TREVILLE – Lunedì 23 aprile alle ore 21.15 presso il Salone Comunale di Casa Devasini di Via Roma 6 la Biblioteca Comunale G. Spina di Treville, col patrocinio del Comune di Treville, presenta la pubblicazione del riassunto in breve del Diario “Mia vita militare e prigionia” scritto durante la seconda guerra mondiale dal trevillese Giuseppe Balbo (Treville 1923 – Casale 2002) e dato alle stampe dalla figlia dell’autore con il patrocinio dell’ANRP del Piemonte (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia dall’Internamento dalla Guerra di Liberazione e loro familiari). Queste pagine manoscritte, conservate fino ad oggi dalla famiglia Balbo, rappresentano un’autentica e tragica testimonianza degli eventi che visse il ventenne trevillese durante gli anni della seconda guerra mondiale, anni che lo videro militare in quel di Rodi all’alba dell’8 settembre 1943. Dopo alcuni giorni di intensa battaglia Balbo e altri suoi commilitoni vennero presi prigionieri dai Tedeschi e condotti nei campi di lavoro in Germania dopo un doloroso viaggio su carri-merce. Il diario si sofferma a lungo sul tempo trascorso a Bad Orb, sulle sofferenze e angherie subite, sul sentimento di odio mai sopito verso i carcerieri, fino alla Liberazione da parte degli Americani nei giorni della Santa Pasqua del 1945. La pubblicazione comprende anche la pubblicazione di documenti e foto e un breve contesto storico che analizza con estrema immediatezza le vicende a cavallo dell’8 settembre e il ruolo che ebbero i militari italiani che, rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, si trovarono a combattere e soccombere all’esercito di Hitler. Solo i fatti di Rodi costarono all’Italia un prezzo altissimo: oltre ai militari morti in combattimento o fucilati, si registrarono circa 11 mila soldati e ufficiali annegati, stipati come bestie dai tedeschi su navi scassate avviate al naufragio e quasi 10 mila internati in Germania. La vicenda di Giuseppe Balbo, un ragazzo del nostro Monferrato che la guerra non l’aveva né cercata né voluta ma a cui non si era sottratto rispondendo al senso di dovere innato, rappresenta una voce semplice ma “unica e originale” come l’ha definita nella sua prefazione Andrea Desana, Probiviro del Consiglio Nazionale ANRP. Unica perché, fino ad ora, non moltissimo è stato pubblicato su questo sacrificio dei militari italiani, come se la storia non avesse ancora preso reale coscienza della Resistenza del IMI (Internati Militari Italiani); originale perché molti dei protagonisti di quegli anni non hanno dato piena voce alla loro testimonianza cercando quasi di rimuoverla anziché manifestarla. Solo in questi ultimi anni tanti diari che testimoniano la prigionia degli italiani in Germania vengono resi pubblici, come se un’intera generazione ormai quasi interamente scomparsa facesse ritorno per raccontarci la realtà storica affinchè non vada persa e dimenticata. In quest’ottica anche le memorie di un uomo semplice diventano memoria collettiva, quella che va a ricostruire con precisione ed esattezza il clima di un’epoca, una presa di posizione scomoda (e dagli esiti tragici) a cui la storia del nostro Paese non ha dato, per lungo tempo, completo riconoscimento. E poi la crudele verità della guerra, quella che vediamo oggi solo in televisione e che le pagine di Giuseppe Balbo ci dicono possa trasformare in qualunque momento le nostre vite venendoci a prendere anche negli angoli più sperduti del mondo, anche tra le dolci colline del Monferrato rubando la giovinezza di giovani contadini abituati a sedersi in fondo ad un filare per riposare un momento prima di riprendere il lavoro. La guerra sa fare questo e ignorare per anni queste persone che hanno la ventura di sopravviverle. La guerra lo fa sempre. Questo è il messaggio che, tra le righe, si vuole trasmettere ai giovanissimi di oggi: la tragedia vissuta da Balbo è tutta completamente vera, è successa realmente ad uno come noi e può ripetersi in questa o altre forme come se il passato nulla avesse insegnato. Le parole di Giuseppe Balbo escono dalle pagine del diario chiare e dirette, sconvolgenti nella loro semplicità, inequivocabili come un atto di accusa, forti della loro verità che nessuno al mondo può disconoscere o truccare.
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