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Il prete “medico dello spirito”

Ricordata la figura di mons. Novarese: dedicò l’esistenza alla pastorale dei malati

Redazione di Redazione
23 Luglio 2022
in Religione, Vita della Chiesa
SERNIOLA CERUTTI E VESCOVO
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CASALE (m.f.)
– “Che significato ha oggi, qui, l’insegnamento di don Novarese?”. È l’interrogativo che ha lasciato al termine della sua riflessione su “il medico dello spirito” il giornalista e scrittore Mauro Anselmo, domenica alla Serniola in occasione della celebrazione della memoria liturgica del beato, che proprio in questa cascina sulla collina di Casale nacque il 29 luglio 1914. La Serniola è sede di una comunità del Centro volontari della sofferenza, una delle opere fondate da monsignor Luigi Novarese. La camera in cui nacque il beato è stata trasformata in cappella. In un locale adiacente un piccolo museo ricorda le figure dello stesso sacerdote e di sorella Elvira Myriam Psorulla, che fu accanto a lui nell’opera di apostolato al servizio degli ammalati. Fino a non molti anni fa, la Serniola era la casa che accoglieva i sacerdoti anziani. “Qui sono morti circa 60 preti – commentava domenica don Mario Fornaro -. Ho voluto essere presente e concelebrare anche per pregare per loro e per ricordarli”.
Il beato monferrino, come ha sottolineato Mauro Anselmo (profondo conoscitore dell’opera di monsignor Novarese, al quale ha dedicato vari libri), fra gli studi di medicina e quelli per diventare sacerdote scelse proprio quest’ultima strada, per essere “medico dello spirito”. Lui guarito prodigiosamente da ragazzo, dopo anni di sofferenze, da una incurabile tubercolosi ossea, ha saputo “trasfigurare le sofferenze per i fratelli e l’umanità: la sofferenza diventa fonte di bene per gli altri”.
Monsignor Novarese è stato un precursore nel panorama della medicina: ha compreso che non è sufficiente curare la malattia, ma che bisogna mettere al centro dell’attenzione l’intera persona, compreso il suo spirito. Non solo: anche chi è malato può valorizzare la propria malattia offrendo la propria sofferenza per gli altri, come fece Gesù, senza lasciarsi travolgere dalla delusione o dallo scoraggiamento.
Monsignor Novarese lavorò per decenni alla segreteria di Stato vaticana e fu apprezzato da quattro Pontefici, morì il 20 luglio 1984 e nel 2013 venne proclamato beato. Il giorno in cui viene ricordato dalla Chiesa è, appunto, il 20 luglio. La celebrazione alla Serniola è stata però anticipata alla domenica. La messa è stata presieduta dal vescovo Gianni Sacchi, che al termine ha dato appuntamento a tutti fra due anni, quando si celebrerà il quarantennale della morte del monsignore. Con monsignor Sacchi hanno concelebrato sei sacerdoti, fra i quali don Michel Fayosseh, togolese, in rappresentanza del portoghese don Johnny Freire, moderatore generale dei Silenziosi operai della Croce, opera fondata nel 1950 da don Novarese. Fra i partecipanti alla celebrazione il cavaliere del lavoro Giancarlo Cerutti, che di monsignor Novarese è nipote. Che cosa ricorda del suo prozio? “Ho tantissimi ricordi – risponde -, l’ho conosciuto molto bene, da quando avevo 7 anni fino alla sua scomparsa. Ha celebrato il mio matrimonio, ha battezzato mia figlia Costanza… Era una persona straordinaria, già guardandola negli occhi trasmetteva non solo la sua fede, ma la forza che la fede può dare”.
Monsignor Novarese venne beatificato nel 2013, dopo che venne riconosciuta come miracolosa la guarigione di una donna di 57 anni, avvenuta nel 2002. Ci sono possibilità che venga canonizzato? “Perché ciò avvenga deve essere riconosciuto un altro miracolo – risponde sorella Nora -: di grazie ne sta facendo molte. Il malato che cerca una risposta in Novarese la trova”.

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