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Mano e cuore ai poveri

Redazione di Redazione
21 Dicembre 2013
in Religione, Vita della Chiesa
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E’ l’elemosiniere di Papa Francesco, il polacco Arcivescovo mons. Konrad Krajewski, ma guai a chiamarlo “Monsignore”. “Sono don Corrado” dice il vigoroso cinquantenne con gli occhi chiari, e se qualcuno vuole dargli i titoli ecclesiastici allora  mette in pratica il consiglio del Pontefice che gli ha detto: “quando qualcuno ti chiama Eccellenza chiedi la tassa per i poveri: 5 euro”!A don Corrado il Papa ha affidato la carità minuta, quella che risponde alle migliaia di richieste che arrivano dai poveri di tutto il mondo in Vaticano, e che dopo il controllo fatto dai parroci o dalle Caritas ricevono un aiuto, tramite le parrocchie, di 50 o 100 o anche più, anche 1.000 o 2.000 euro. Don Corrado riceve offerte indirizzate al Papa, specialmente dai fedeli di tutto il mondo che chiedono la benedizione con una bella pergamena e lasciano un’offerta, che va ai poveri. Sono circa 250 mila euro all’anno. Poi ci sono donazioni per altri 750 mila euro. Don Corrado ha definito con i giornalisti incontrati l’Elemosineria di cui è responsabile come il “Pronto soccorso del Papa”, un ufficio che, solo nel 2012, ha distribuito ai poveri un milione di euro. Spiega ancora: “Il Santo Padre mi dice: “Il tuo conto è buono quando è vuoto”, nel senso che è stato speso bene ed ora va di nuovo riempito. Il concetto è quello di non investire, non vincolare. Ma spendere, spendere tutto, con oculatezza, senza lasciarsi imbrogliare. Il Papa lavora in squadra e osserva: “Guardate, queste sono le mie braccia, sono limitate, se le prolunghiamo con quelle di Corrado possiamo toccare i poveri di tutta Italia”. Papa Francesco quando ad agosto diede l’incarico a Mons. Krajewski gli disse: «Non sarai un vescovo da scrivania, ti voglio tra la gente, il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi». Krajewski sorride: «Il Papa mi ha detto ancora: “La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”. Perché Francesco vuole stare coi poveri, come faceva in Argentina. La notte usciamo con una Fiat Qubo con targa del Vaticano, a bordo quattro volontari delle Guardie svizzere che parlano almeno 4 lingue e fanno parte di un gruppo di 120 ragazzi meravigliosi che aiutano i vagabondi. Copriamo ogni zona di Roma”. “Nel nostro ufficio – spiega l’Elemosiniere – lavorano 17 calligrafi e altre 11 persone: sono pochi, ma rispondiamo a tutte le lettere e preparano le pergamene. Inviamo ogni settimana un po’ più di 100 assegni, “i soldi del Papa”, che arrivano a destinazione attraverso i parroci, e ci vuole il timbro del sacerdote perché controlliamo che ogni situazione sia in regola ed effettivamente quella descritta. Dopo la “missione” diretta presso  mendicanti, don Corrado dà poi relazione a Papa Francesco. E’ ancora stato don Corrado il tramite per portare a Lampedusa a nome de Papa 1.600 schede telefoniche internazionali perché i profughi superstiti dai naufragi telefonassero ai loro parenti in Africa, ancora lui che con un’offerta specifica ricevuta ha fatto distribuire all’Angelus in Piazza San Pietro, a metà novembre, 20.000 corone del rosario, le “misericordine”. Francesco aveva subito raccomandato al suo elemosiniere: “Non devi comparire vicino a me, non avere la visibilità dei giornali, ma quella dei poveri”. Ma il Papa non si accontenta di avere un emissario per la carità, e quando don Corrado gli parla di quanto ha fatto e di dove andrà alla sera ad aiutare i barboni, spesso Francesco gli dice: “Vengo anch’io”. E’ successo certamente nei primi tempi, anche se don Corrado smentisce, poi i servizi di sicurezza hanno posto difficoltà. La notte, quando anche il colonnato di Piazza San Pietro si riempie di uomini e donne, italiani e stranieri, rattrappiti dal freddo nei loro sacchi a pelo non è difficile immaginare, conoscendone ormai bene la forte indole pastorale, il Papa venuto dalla “fine del mondo” varcare il confine vaticano, inoltrarsi per qualche centinaio di metri in territorio italiano e soccorrere e soprattutto ascoltare i più deboli, come faceva a Buenos Aires e come ha predicato con passione nel documento programmatico “Evangelii Gaudium”, magari seguendo di nascosto l’auto del suo elemosiniere. Alle domande dei giornalisti, mons. Krajewski non risponde. La sua discrezione è massima. Dice soltanto: ”Passiamo ad un’altra domanda”. Così veniamo a conoscere questo aspetto tanto bello di Francesco: parla sempre della misericordia, la raccomanda in ogni occasione e nel segreto la pratica di continuo. E’ un grande insegnamento e un meraviglioso esempio, da seguire certamente a Natale, ma in tutta la vita.

 paolo busto  

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Tags: FrancescoPapapoveri
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