“Carissimi, non è la mia parola quella che intendo proporvi, è la parola di papa Francesco: è l’omelia del giorno di Pasqua da lui preparata e letta dal card. Comastri; mi è sembrato giusto così, perché questo testo è come un testamento…”. Così il vescovo emerito mons. Alceste Catella ha voluto ricordare papa Francesco nella Messa cheta presieduto in Cattedrale mercoledì 23 in suffragio del Pontefice. Con lui una dozzina di sacerdoti. In chiesa erano tutti occupati i posti della navata centrale. C’erano anche rappresentanze dell’Arciconfraternita di Sant’Evasio, dell’Azione cattolica, dell’organizzazione Mato Grosso, che ha sistemato due pannelli davanti alla balaustra con la scritta “Grazie papa Francesco”.
Monsignor Catella ha presieduto la celebrazione perché il vescovo mons. Gianni Sacchi è a Lourdes alla guida del pellegrinaggio diocesano dell’Oftal. “Da lontano – ha detto mons Catella – sono in preghiera con noi il vescovo Gianni e i pellegrini casalesi”.
“Il nostro amato papa Francesco, dopo aver celebrato con noi la Pasqua del Signore Gesù Cristo crocifisso, morto e risorto, dopo averci tante volte annunciato che Dio è misericordia e tenerezza verso “tutti, tutti, tutti” e che in Cristo ha rivelato tutto il suo amore misericordioso, dopo averci tante volte tracciato il cammino della misericordia, ora, in cielo, contempla il volto benigno e misericordioso del Padre” ha detto mons. Catella.
Nelle preghiere di suffragio il Vescovo emerito ha compreso anche un suo predecessore, mons. Giuseppe Angrisani, che resse la Diocesi in tempi difficili (a partire dalla seconda Guerra mondiale) e di cui ricorre il 47° della morte.
Questo il testo dell’omelia letto da mons. Catella:
Maria di Magdala, vedendo che la pietra del sepolcro era stata rotolata via, si mise a correre per andare a dirlo a Pietro e Giovanni. Anche i due discepoli, ricevuta la sconvolgente notizia, uscirono e – dice il Vangelo – “correvano insieme tutti e due” (Gv 20,4). I protagonisti dei racconti della Pasqua corrono tutti! E questo “correre” esprime, da un lato, la preoccupazione che avessero portato via il corpo del Signore; ma, dall’altro, la corsa della Maddalena, di Pietro e di Giovanni dice il desiderio, la spinta del cuore, l’atteggiamento interiore di chi si mette alla ricerca di Gesù. Egli, infatti, è risorto dalla morte e perciò non si trova più nel sepolcro. Bisogna cercarlo altrove.
Questo è l’annuncio della Pasqua: bisogna cercarlo altrove. Cristo è risorto, è vivo! Egli non è rimasto prigioniero della morte, non è più avvolto nel sudario, e dunque non si può rinchiuderlo in una bella storia da raccontare, non si può fare di Lui un eroe del passato o pensarlo come una statua sistemata nella sala di un museo! Al contrario, bisogna cercarlo e per questo non possiamo stare fermi. Dobbiamo metterci in movimento, uscire per cercarlo: cercarlo nella vita, cercarlo nel volto dei fratelli, cercarlo nel quotidiano, cercarlo ovunque tranne che in quel sepolcro.
Cercarlo sempre. Perché, se è risorto dalla morte, allora Egli è presente ovunque, dimora in mezzo a noi, si nasconde e si rivela anche oggi nelle sorelle e nei fratelli che incontriamo lungo il cammino, nelle situazioni più anonime e imprevedibili della nostra vita. Egli è vivo e rimane sempre con noi, piangendo le lacrime di chi soffre e moltiplicando la bellezza della vita nei piccoli gesti d’amore di ciascuno di noi.
Per questo la fede pasquale, che ci apre all’incontro con il Signore Risorto e ci dispone ad accoglierlo nella nostra vita, è tutt’altro che una sistemazione statica o un pacifico accomodarsi in qualche rassicurazione religiosa. Al contrario, la Pasqua ci consegna al movimento, ci spinge a correre come Maria di Magdala e come i discepoli; ci invita ad avere occhi capaci di “vedere oltre”, per scorgere Gesù, il Vivente, come il Dio che si rivela e anche oggi si fa presente, ci parla, ci precede, ci sorprende. Come Maria di Magdala, ogni giorno possiamo fare l’esperienza di perdere il Signore, ma ogni giorno noi possiamo correre per cercarlo ancora, sapendo con certezza che Egli si fa trovare e ci illumina con la luce della sua risurrezione.
Fratelli e sorelle, ecco la speranza più grande della nostra vita: possiamo vivere questa esistenza povera, fragile e ferita aggrappati a Cristo, perché Lui ha vinto la morte, vince le nostre oscurità e vincerà le tenebre del mondo, per farci vivere con Lui nella gioia, per sempre. Verso questa meta, come dice l’Apostolo Paolo, anche noi corriamo, dimenticando ciò che ci sta alle spalle e vivendo protesi verso ciò che abbiamo di fronte (cfr Fil 3,12-14). Ci affrettiamo allora per andare incontro a Cristo, col passo svelto della Maddalena, di Pietro e di Giovanni.
Il Giubileo ci chiama a rinnovare in noi il dono di questa speranza, a immergere in essa le nostre sofferenze e le nostre inquietudini, a contagiarne coloro che incontriamo sul cammino, ad affidare a questa speranza il futuro della nostra vita e il destino dell’umanità. E perciò non possiamo parcheggiare il cuore nelle illusioni di questo mondo o rinchiuderlo nella tristezza; dobbiamo correre, pieni di gioia. Corriamo incontro a Gesù, riscopriamo la grazia inestimabile di essere suoi amici. Lasciamo che la sua Parola di vita e di verità illumini il nostro cammino. Come ebbe a dire il grande teologo Henri de Lubac, “dovrà esserci sufficiente di comprendere questo: il cristianesimo è Cristo. No, veramente, non c’è nient’altro che questo. In Cristo noi abbiamo tutto” (Les responsabilités doctrinales des catholiques dans le monde d’aujourd’hui, Paris 2010, 276).
E questo “tutto” che è il Cristo risorto apre la nostra vita alla speranza. Lui è vivo, Lui ancora oggi vuole rinnovare la nostra vita. A Lui, vincitore del peccato e della morte, vogliamo dire: “Signore, in questa festa noi ti chiediamo questo dono: di essere noi pure nuovi per vivere questa perenne novità. Scrostaci, o Dio, la triste polvere dell’abitudine, della stanchezza e del disincanto; dacci la gioia di svegliarci, ogni mattino, con occhi stupiti per vedere gli inediti colori di quel mattino, unico e diverso da ogni altro. […] Tutto è nuovo, Signore, e niente ripetuto, niente vecchio” (A. Zarri, Quasi una preghiera).
Sorelle, fratelli, nello stupore della fede pasquale, portando nel cuore ogni attesa di pace e di liberazione, possiamo dire: con Te, o Signore, tutto è nuovo. Con Te, tutto ricomincia.
Il rosario. Martedì sera, in Cattedrale, è stato invece recitato il rosario di suffragio.
Giungendo alla spicciolata, tanti fedeli monferrini hanno occupato tutti i posti nella navata centrale della Cattedrale per ricordare nella preghiera papa Francesco. Sono giunti non solo dalla città, ma da varie zone della Diocesi (anche dall’Up Santa Fede). Con loro diversi sacerdoti e una rappresentanza di religiose. Poi un gruppo di giovani dell’Azione cattolica con il presidente diocesano e gli assistenti e con la bandiera dell’Ac abbrunata, e i ragazzi della Pastorale giovanile con don Gabriele Paganini.
Essendo il Vescovo a Lourdes per il pellegrinaggio diocesano con l’Oftal, a guidare la veglia è stato il vicario generale mons. Désiré Azogou, che ha sottolineato che in contemporanea anche a Lourdes i pellegrini sull’esplanade erano riuniti in preghiera per il Papa scomparso.
Nella veglia sono state seguite le indicazioni del testo dal significativo titolo “Nella luce della Pasqua” preparato per l’occasione dall’Ufficio liturgico nazionale della Conferenza episcopale italiana: il rosario con i misteri gloriosi introdotti dalla lettura di passi del Nuovo Testamento e meditati attraverso le parole pronunciate da papa Francesco in cinque occasioni del suo pontificato.
“Sebbene un velo di tristezza avvolge il nostro animo per la morte del nostro amato papa Francesco – ha detto mons. Désiré Azogou -, dal mondo intero si innalza un inno di ringraziamento a Dio Padre, per il dono di questo successore di Pietro che ci ha aiutato a riscoprire il volto di una Chiesa impegnata ad annunciare il Vangelo della gioia e della misericordia, in cammino lungo le strade del mondo e in ascolto del grido dell’umanità. In questo momento di preghiera affidiamo il nostro Papa alle cure premurose di Maria, segno di consolazione e di sicura speranza per il popolo di Dio in cammino verso il regno”.
Nel commentare il primo mistero, la Resurrezione, sono state riprese le parole del Papa alla Veglia pasquale del 2022: “Il Signore, in questa notte, vuole donarci occhi diversi, accesi dalla speranza che la paura, il dolore e la morte non avranno l’ultima parola su di noi” aveva detto, tra l’altro, Francesco. Nel secondo mistero, l’Ascensione, il riferimento è stato il Regina Coeli del 29 maggio 2022, dove il Papa evidenziava anche che “lo Spirito Santo rende presente Gesù in noi, oltre le barriere del tempo e dello spazio, per farci suoi testimoni nel mondo”. Per il terzo mistero, la discesa dello Spirito Santo, un passo della catechesi all’udienza generale del 19 giugno 2019, nella quale il Papa tra l’altro spiegava che “la Chiesa nasce dal fuoco dell’amore e da un ‘incendio’ che divampa a Pentecoste e che manifesta la forza della Parola del Risorto intrisa di Spirito Santo”. Dall’Angelus del 15 agosto 2013 è stato ripreso il commento al quarto mistero, l’assunzione di Maria, che “ci accompagna, lotta con noi, sostiene i cristiani nel combattimento contro le forze del male. La preghiera con Maria, in particolare il Rosario”. L’ultimo mistero, l’incoronazione di Maria, è stato accompagnato dalla lettura del Magnificat, un cantico nel quale Maria “profetizza che a primeggiare non sono il potere, il successo e il denaro, ma a primeggiare c’è il servizio, l’umiltà, l’amore”.