TORINO – La Compagnia della Rancia è a Torino al teatro Alfieri fino al 10 marzo con il musical “Frankenstein Junior”, trasposizione teatrale del famoso film di Mel Brooks. La regia è di Saverio Marconi e Marco Iacomelli, nel cast Roberto Colombo (subentrato a Giampiero Ingrassia) nel ruolo di Frederick Frankenstein, Fabrizio Corucci il mostro, Giulia Ottonello (vincitrice della seconda edizione di Amici) Elizabeth e Mauro Simone nel ruolo di Igor. I protagonisti e il regista prima di andare in scena parlano così della loro bellissima esperienza:
Marco Iacomelli partito da Morano sul Po e ora regista di un musical importantissimo, come sta andando la tournee?
“E’ incredibile pensare che se sono qui è proprio grazie alla compagnia dei “Mercanti di Stelle” di Daniela Gardini. Nel 2006 abbiamo portato in scena al teatro Municipale di Casale Monferrato “West Side la Storia” e da quel giorno ho deciso di continuare a lavorare nel teatro come professionista, mi sono diplomato alla scuola di Saverio Marconi e dopo un master in regia, eccomi qua! Frankenstein Junior sta andando benissimo, oltre ogni aspettativa, i teatri sono sempre pieni e questo ci gratifica molto, il testo e le musiche ci aiutano perché sono stupende e arricchiscono molto il valore dell’opera”.
Che effetto fa interpretare personaggi di un film che ha fatto la storia di generazioni di spettatori? Esiste un “timore reverenziale” verso i personaggi del film originale?
Roberto: “E’ un percorso professionale molto importante per il mio lavoro. Il personaggio vive in scena diversi salti temporali, tenta di riuscire a realizzare ciò che a suo nonno non era riuscito: creare la vita artificiale. Per me è bellissimo, perché Frederick è esilarante, denigrante e alla fine scoprirà grazie alle sue esperienze la vita, lui che vorrebbe crearla. In base poi al mio metodo posso dire che il personaggio lo sto maturando adesso, attingendo ovviamente dal film, ma anche da Giampiero. Tecnicamente devo seguire i tempi della storia, ma cerco di dare un tocco personale a Frederick, in base alle esperienze e ai momenti vissuti dentro la storia. Ho trovato qualche difficoltà all’inizio per le parti liriche abbinate alle coreografie e il grande lavoro compiuto è stato quello di plasmare la voce come un vero e proprio strumento musicale ”.
Giulia: “Io sono cresciuta guardando questo film, per me un vero punto di riferimento. Mi rendo conto che il confronto con la pellicola ci sia sempre e bisogna portare rispetto verso l’opera originale. Spero con il mio impegno di non distruggere quest’immagine della protagonista negli spettatori. E’ un onore per me interpretare un personaggio così bello e divertente come Elizabeth”.
Fabrizio: “Posso dire che sia la mia più grande soddisfazione, essendo il mio film preferito. Per noi e per il pubblico sono due ore “libere” in cui in maniera leggera si riscopre la Broadway degli anni ‘40, una commedia brillante e sapiente. La parte del mostro nel musical è più approfondita rispetto al film e questo mi ha permesso di fornirgli più spessore, non ho voluto imitare l’originale ma renderlo mio. La difficoltà maggiore è stata l’imparare a ballare con delle zeppe alte 10 centimetri! Io sono alto un metro e novantacinque, con le zeppe arrivo a due metri e cinque, ballare diventa un tormento! Per le canzoni non ho avuto difficoltà, essendo un cantante lirico (baritono) ”.
Mauro: “All’inizio ero preoccupato perché avevo grandi aspettative pensando al personaggio originale di Feldman, difficile anche fisicamente, ma nel momento in cui abbiamo cominciato a provare ho pensato solo a divertirmi, l’unica soluzione per rendere al meglio Igor. Ho lavorato molto sulla voce guardando al doppiaggio italiano originale, perché non sarebbe stato il giusto Igor senza la sua voce caratteristica. Ho aggiunto qualcosa di mio, senza però stravolgere il personaggio. Rispetto alla versione di Broadway ho voluto assumere per tutto il tempo la posizione gobba che caratterizza Igor, e la difficoltà maggiore è stata questa, il risultato però è ottimo!”.
Il musical è una parodia di “Frankenstein di Mary Shelley”, in cui il protagonista cerca di andare oltre ogni limite creando la vita, ma in generale è giusto andare sempre oltre, oppure bisogna riconoscere i propri limiti e fermarsi?
Fabrizio: “La coscienza dei propri limiti è fondamentale. Mel Brooks ha stravolto secondo me la morale del Frankenstein originale, rendendo il mostro l’unico “vincente” della storia. Il mostro non solo vive ma si innamora e comincia una propria esistenza, dal punto di vista metaforico, il pensiero non deve fermarsi ma andare sempre avanti!”.
Roberto: “In tutti i campi (scientifico o artistico) lo spirito dell’uomo deve sempre cercare qualcosa, E’ giusto fare sempre il possibile con quello che si ha e cercare di farlo al meglio. Il limite non deve diventare un problema perché fa parte della vita”.
Mauro: “Noi uomini non siamo creatori, siamo un mezzo attraverso cui si crea, siamo “a disposizione” del Creatore. La parodia a Mary Shelley è proprio rivolto a chi con arroganza vuole creare da sé la Vita. L’attore deve sempre mettersi in discussione, altrimenti diventa un semplice lavoratore dello Spettacolo. La battuta stessa deve accadere, sennò dov’è la creatività?”.
Frankenstein Junior rimarrà al teatro Alfieri fino a domenica 10 marzo.
Chritian Pravatà