Nella foto don Dante con Julien Coggiola e Gabriele Ferraris
È nostra tradizione, come salesiani di don Bosco, tracciare un breve profilo dei nostri confratelli in occasione del loro saluto. Provare a sintetizzare 96 anni di vita piena in poche righe è impresa ardua: ma don Dante mi direbbe: “Si può provare”.
Quarto di sette fratelli
Don Dante Caprioglio nasce a San Martino di Rosignano (AL) il 15 gennaio 1920 da papà Eugenio e mamma Immacolata Garrone. Quarto di sette fratelli (due sorelle e cinque fratelli, due dei quali salesiani), lui, Dante, l’ultimo a lasciare questa terra. Dalla sua famiglia e da questa terra monferrina impara l’essenza della vita: grande senso del lavoro e del dovere, l’onestà e la solidarietà, e soprattutto una fede cristiana robusta e concreta. Rimarrà sempre molto legato alla sua numerosa famiglia e spenderà tante parole di elogio… soprattutto per i nipoti. Nipoti che lo hanno sempre amato e che si sono presi costantemente cura di lui, a cui va tutto il nostro ringraziamento.
La prima volta al collegio
Dopo le scuole elementari, a dieci anni inizia il ginnasio, prima nel seminario di Casale per poi approdare qui al Valentino, nell’aspirantato salesiano dove matura la sua vocazione di figlio di don Bosco. In questo è consigliato e aiutato dal suo parroco, don Andrea Quarello, ex allievo di Valdocco dove aveva conosciuto personalmente don Bosco.
Nel 1935-36 è in noviziato a Borgomanero dove emette la prima professione l’8 settembre 1936. Tre anni di post-noviziato in filosofia a Torino Rebaudengo, dove ha tra i compagni colui che sarebbe diventato il Rettor Maggiore dei salesiani, don Egidio Vigano, che rimarrà suo caro amico. Prosegue poi con il tirocinio pratico presso l’istituto salesiano san Lorenzo di Novara. In quegli anni, nel 1940, da privatista supera l’esame di maturità classica (presso il liceo classico Carlo Alberto di Novara). Al termine del tirocinio emette la sua professione perpetua il 16 agosto 1942 a Borgomanero diventando salesiano per sempre. Inizia poi il corso quadriennale di teologia, prima a Torino Crocetta poi, sfollati a causa dei bombardamenti della guerra, a Bollengo (vicino ad Ivrea) dove verrà ordinato sacerdote il 30 giugno del 1946. In quello stesso anno fa il suo incontro con il San Carlo di Borgo san Martino dove rimane un solo anno come insegnate, “ruolo” nel quale si incarna totalmente e che non abbandonerà più. Da qui per alcuni anni lo troviamo ad insegnare in varie case salesiane: Asti per tre anni (1947-50) come consigliere e catechista del convitto; a Vercelli (195-51) come insegnate di lettere; tre anni a Novara (1951-54) e poi un anno a Faenza (1954-55) e poi nuovamente un anno a Novara (1955-56). In questi anni trova il tempo, non senza sacrifici ma con convinzione e determinatezza, di conseguire la laurea in lettere e filosofia presso l’università di Torino (1951). Nel settembre del 1956 approda a Borgo san Martino dove vi rimarrà per 60 anni, ricoprendo periodicamente i ruoli di consigliere, preside (per 37 anni), direttore (per 6 anni: 1974-1980) e di stimato insegnante. Nel 1959 consegue a Roma l’abilitazione in Italiano e Storia per le scuole superiori.
Una vita per il San Carlo
Non è questa la sede per far l’elogio al glorioso San Carlo di Borgo san Martino, voluto e fondato da don Bosco, che tante volte vi soggiornò. Don Dante ne ha fatto la sua vita: una vita nella scuola e per la scuola preparando tanti giovani ad affrontare la vita con dignità ed onestà. Una passione particolare per lo sport, considerato scuola di vita e strumento di disciplina, a cui don Dante dava tanta importanza. Forse non ci ricordiamo il don Dante giocatore… ma in tanti si ricordano il don Dante tifoso appassionato.
«Si può fare il bene anche da parroco»
Nonostante le tante attività nel 1990 accetta l’offerta dell’allora vescovo mons. Carlo Cavalla che lo vuole parroco del suo paese natale, san Martino di Rosignano. Incarico che svolgerà (prima come amministratore parrocchiale e poi come parroco) per 26 anni fino al giorno della sua morte. In questi anni scopre, è lui stesso a confessarlo, la bellezza del servizio pastorale alla gente: “non avrei creduto, si incontra tante gente… e si può fare tanto bene anche da parroco, specie ai malati, ai ragazzi… a chi ha più bisogno”.
L’addio a Borgo San Martino
Da ottobre era in comunità da noi a Casale. Una scelta difficile ma necessaria vista la situazione della casa e soprattutto la sua salute e i suoi acciacchi che andavano intensificandosi e il timore che aveva di rimanere lì da solo. Ha faticato un po’ ad accettare la cosa ma poi si è arreso ed era contento di essere qui da noi, sereno, con tanti parenti, amici ed ex-allievi che venivano a trovarlo e una comunità che lo curava e lo coccolava. (A più persone a confidato: “È stata una botta dura venire via… ma ho capito che è la cosa migliore”).
Più volte gli ho chiesto se voleva venire a fare un giretto a Borgo e lui mi rispondeva: ”No, ora questa è la mia casa, quando si lascia si lascia. Non sono le mura ma le persone che contano… sono nel mio cuore, non serve tornare a Borgo”.
«Sono pronto per il Paradiso»
Lunedì scorso lo abbiamo dovuto portare di urgenza in ospedale per una emorragia interna. Non voleva andare, ma mi ha detto: “obbedisco”. Alla sera mi dice: ”Sono pronto per il Paradiso”. “Bravo don Dante, questa è l’unica cosa che conta”, gli rispondo, e lui si fa una bella risata. Nella settimana sembrava si riprendesse. Mercoledì camminava da solo e aveva già programmato il suo ritorno, ma negli ultimi due giorni la situazione è precipitata e il suo “vestito logoro” non ha più retto. Nell’ultima notte ha voluto il direttore accanto, lui sapeva che nei momenti importanti ci voleva il superiore. La sua tempra e il suo piglio da comandante (“il capo” lo chiavano i suoi ragazzi, anche da ex-allievi) è rimasto fino a dieci minuti prima della morte. Volendo avere lui sempre la situazione in mano. Lucidissimo fino alla fine. Gli ho chiesto “se era pronto”, lui mi ha guardato, ha scosso leggermente il capo, ha spalancato un sorriso e alzato le braccia al cielo. Abbiamo pregato… ha ringraziato l’infermiera che lo aveva pulito, mi ha salutato e poi si è spento serenamente.
Salerisano, educatore, sacerdote
Voler dire in poche parole chi è stato don Dante non è facile. Ognuno di noi ne porta un ricordo personalizzato.
Un salesiano intelligente e saggio che ha saputo coniugare autorevolezza e amorevolezza sulle orme di don Bosco. Un vero condottiero che si è fatto ascoltare e soprattutto amare.
Un educatore che ha dedicando mente e cuore all’insegnamento e allo sport per tanti giovani che ha accompagnato come allievi ed Ex-allievi.
Un sacerdote che nel suo ministero ha incarnato lo spirito di Gesù Buon Pastore per il bene dei ragazzi, dei parrocchiani e dei suoi cari.
«Ho combattuto la buona battaglia»
A quasi 97 anni di vita, 80 da salesiano, 70 da sacerdote, 60 a custodire la casa di don Bosco a Borgo, può davvero dire: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. (2Tm 4,7) «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; … i miei occhi han visto la tua salvezza” (Lc 2,29-30). Un grazie grande e sincero, anche a nome dei nipoti e della famiglia, a voi e alle tante persone che in questi giorni hanno fatto sentire vicinanza e affetto. A te don Dante chiediamo, da lassù, chiedi per noi al Padre, alla Madonna e don Bosco di mandarci sante vocazioni e sante famiglie.
don Marco Durando