Chi fosse Papa Bergoglio e quale sia la sua eredità ce lo ha spiegato, meglio dei massimi politici, vaticanisti e intellettuali con i loro discorsi alle radio e tv e con i loro scritti sui giornali, il pubblico accorso alle sue esequie a Roma. Centinaia di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo, di cui solo una parte ha potuto raggiungere piazza San Pietro e la basilica di Santa Maria Maggiore, non hanno soltanto testimoniato con la loro presenza del loro amore per il Santo Padre scomparso e della loro fede. Hanno anche manifestato al Vaticano e ai governanti di ogni Nazione la speranza che il vuoto da lui lasciato sia colmato da un Francesco II, un Pontefice a sua immagine e somiglianza. E il perché è chiaro. Perché Bergoglio si è identificato in essi, i poveri e gli umili, i sofferenti e i peccatori, cioè in noi, la cosiddetta gente comune. Perché ha sfidato i megapoteri pubblici e privati ovunque su questa terra nel nome del cristianesimo. E perché ha posto la dignità della persona e i suoi diritti fondamentali al centro della religione, della politica e della vita sociale ed economica. “Chi costruisce muri anziché ponti non può dichiararsi cristiano” ha ammonito denunciando le crescenti disuguaglianze di oggi.
Strumentalizzazione
Per il popolo di papa Bergoglio, che è costituito anche da molti seguaci di altre fedi oltre che dalla maggioranza dei cattolici, salvare Francesco I e la sua eredità è compito anche dei politici, che in Italia soprattutto hanno spesso cercato di strumentalizzarlo. Quante volte abbiamo sentito una certa destra accusare velatamente il Pontefice di comunismo e una certa sinistra accusarlo velatamente di fascismo? La prima ha criticato il suo pellegrinaggio a Lampedusa in appoggio ai migranti ma ha approvato il suo appello al disarmo mentre l’Europa dibatteva se riarmarsi o non. E la seconda ha gioito per il suo commento sui gay “chi sono io per giudicare?” ma ha protestato quando ha dato dei “sicari” ai medici che praticano l’interruzione di maternità. Gli stessi pregiudizi hanno dimostrato i pacifisti per le parole del Santo Padre sulla Guerra dell’Ucraina, elogiandolo per avere osservato che ci vuole coraggio anche per alzare la bandiera bianca, e biasimandolo per avere aggiunto che “non è solo lecito, è anche amore di patria difendersi con le armi”. Il popolo di Bergoglio non si è mai chiesto se fosse conservatore e progressista, lo ha sempre considerato al di sopra della politica, ne ha condiviso i principi e il linguaggio aperto.
Accecati dall’ideologia
Se parecchi politici nostrani hanno giudicato contraddittorie le dichiarazioni di Francesco è perché sono stati accecati dalla loro ideologia non perché il Papa abbracciasse ora una dottrina ora un’altra. A volte hanno espresso giudizi partigiani vergognosi perché incapaci di distinguere tra il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, come se il bene e il giusto appartenessero solo a essi e il male e l’ingiusto solo ai nemici. Al tempo stesso quando ha fatto loro comodo hanno detto di essere da lui sostenuti. Si sono dimenticati che la missione del Santo Padre è l’apostolato, che la Chiesa cattolica si chiama tale perché è universale, ossia diretta all’intero genere umano. Francesco I verrà ricordato come il Pontefice dell’eguaglianza e della pace, non come un rivoluzionario né come un restauratore. Non si è schierato per alcun partito e quando lo ha ritenuto necessario si è pronunciato con la voce del cuore e della ragione sui problemi che più determinano la nostra vita quotidiana, dal lavoro e dalla sanità al clima e all’ambiente. A Washington alla morte del Papa una deputata trumpista blasfema ha commentato che “il male viene sconfitto dalla mano di Dio”, ma Trump, il suo Presidente, si è sentito obbligato a rendergli omaggio nella Città eterna.
L’omelia del 2014 sui farisei
E’ possibile che qualche partito e politico italiani non abbiano perdonato a Francesco la sua aspra omelia sui farisei del 2014, quando denunciò il loro “stato di putrefazione” i “sepolcri imbiancati” e la “dea tangente”, richiamandoli al loro dovere primario, il bene pubblico. Ma se avessero capito il breve intervento di Bergoglio al Conclave del 2013, prima che fosse eletto Papa (non ci credeva, aveva in tasca il biglietto aereo di ritorno a Buenos Aires) si sarebbero resi conto che il suo sarebbe sarebbe stato un Pontificato ingombrante per loro. Il Papa “venuto dalla fine del mondo” non aveva risparmiato obiezioni alla “malattia della chiusura” del Vaticano, dove Gesù bussava per uscire, un incitamento alla Chiesa ad arrivare alle periferie non solo geografiche ma anche esistenziali. Aveva così indicato ai governi e ai parlamenti democratici, persino ai despoti, dal presidente russo Putin a quello cinese Xi, le riforme più urgenti da adottare. Dobbiamo sperare che adesso che tutti, sì tutti, sentiamo quanto bisogno avevamo di lui, i politici facciano tesoro del suo insegnamento. Non c’è dubbio che in maggioranza essi siano onesti ma occorre che formino una coalizione dei volonterosi, come è di moda dire, che segua la strada di Bergoglio. Vedranno che la gente non diserterà più le urne e che tornerà a votare.
Nuove frontiere in ogni campo
Cito un ex ambasciatore italiano alla Santa Sede, Daniele Mancini, sull’avvento di Bergoglio al soglio pontificio: “Egli è stato il primo Papa a chiamarsi Francesco, il primo Papa non europeo dopo quattordici secoli, dal siriano Gregorio III morto nel 741, il primo Papa divenuto prete dopo il Concilio Vaticano II, il primo Papa a convivere con il predecessore, il primo Papa gesuita. Con lui, il Papato ha attraversato una frontiera e si è spinto più avanti”. E cito l’omelia del cardinale Re sul pio transito del Santo Padre: “Nonostante la sua finale fragilità e sofferenza ha scelto questa via della donazione fino all’ultimo giorno della sua vita terrena. Ha seguito le orme del suo Signore, il buon pastore”. In modo diverso l’ambasciatore e il cardinale hanno sottolineato che Bergoglio ha tracciato nuove frontiere in ogni campo, dalla religione alla politica e dalla sfera pubblica a quella personale e lo ha fatto non perché si trovasse in un’epoca di cambiamenti ma perché avvertiva la necessità di cambiare un’epoca, come è stato detto più volte. E hanno segnalato che ora tocca a tutti noi e tocca alle nostre istituzioni e a chi le guida avviarsi alle nuove frontiere che includono novità inquietanti come l’intelligenza artificiale.
Dall’Italia al mondo
Le esequie del Pontefice hanno fornito uno spettacolo impressionante, dal maestoso cerimoniale al commovente bagno di folla, e hanno esaltato la funzione della Chiesa cattolica romana di maestra di fratellanza, carità e misericordia. La presenza dei potenti, Trump in testa, ha confermato che essa rimane un punto di riferimento irrinunciabile per l’Occidente e il motore del dialogo tra le culture e le fedi più differenti del mondo esterno, incluse quelle dell’Islam. I politici, e con loro gli oligarchi, i banchieri e quanti condizionano le nostre esistenze, riflettano sul Papato di Francesco, leggano le sue encicliche e ne traggano ispirazione. In Italia, i partiti escano dai loro palazzi e dai loro intrighi, si mescolino di nuovo nel gregge elettorale, con cui molti hanno perso i contatti, si adoprino per i cittadini, gli emarginati in testa, e non per i propri interessi. E dall’Ucraina a Gaza, dall’America alla Cina, dalla Russia all’Iran, si sospendano le guerre armate, quelle occulte e quelle commerciali che l’umanità sta pagando a un altissimo prezzo. Accolto inizialmente da polemiche strumentali (fu accusato di non avere difeso i “desaparecidos” durante la crudele dittatura militare in Argentina) Bergoglio si è rivelato uno dei più grandi Papi della storia, ha risvegliato le nostre coscienze, ha delineato una società dal volto più umano.
Autorità morale
Non sono un vaticanista, ma dai tempi di Giovanni XXIII come corrispondente da Londra, Mosca e Washington nell’ordine, seguii i Pontefici in qualcuno dei loro viaggi all’estero e toccai con mano la forza della loro autorità morale. Assistetti in particolare alla nascita della “special relationship” tra la Casa Bianca e la Santa Sede, un rapporto stabilito durante la Seconda Guerra mondiale dal futuro papa Paolo VI che si recò in America per discutere di un rifugio per Pio XII qualora Hitler avesse tentato di imprigionarlo. E non scorderò mai che fu la stretta collaborazione tra papa Giovanni Paolo II e il presidente americano Reagan a demolire il temuto impero sovietico. Non ci è dato di sapere chi sarà eletto Papa dal conclave dei prossimi giorni, né se Trump, l’uomo più potente della Terra, ascolterà o non le indirette o tacite esortazioni che riceverà da lui. Ma dopo che Francesco ha voluto uscire fuori delle mura del Vaticano che lo separavano dai fedeli e anche dagli infedeli per venire “sepolto nella terra” a Santa Maria Maggiore ritengo possibile la scelta di un altro Pontefice del rinnovamento. Mi sembra purtroppo improbabile che si ravveda Trump, che al contrario si sta chiudendo in una fortezza arcigna.
E quei politici italiani che non hanno saputo raccogliere l’eredità degli ultimi Pontefici e di leaders come Moro e Berlinguer? Sarebbe un miracolo da parte di Francesco I se lo seguissero sulle nuove frontiere?
Ennio Caretto